Ma cosa sono il PAS, il PAN, il MEDEA, il DIME e il SuALT/Find Sampo?

Come abbiamo potuto osservare negli ultimi 20 anni, la pratica del metal detecting si è diffusa in molte nazioni ma a causa delle diverse culture, approcci e normative è percepito in modo assai differente.

Ci sono nazioni nelle quali la pratica è vista come un semplice hobby, che non desta particolare pericolo ed è paragonato alla pesca, alla caccia o ad altri sport. Ci sono paesi, al contrario, nei quali il metal detecting è stato per anni, e lo è ancora oggi, intravisto come pratica “antagonista” dell’archeologia e avvolta in una sfera di illegalità.

Ma con l’avvento della cultura digitale molte cose stanno cambiando, le conoscenze, le metodologie e l’approccio verso i beni culturali e la storia in generale.  L’opportunità di imparare da fonti inesauribili ha radicalmente mutato l’animo e l’interesse della gente che finalmente può approfondire passioni, studi, ricerche e la propria conoscenza per sentirsi sempre più integrato e partecipe della società.

Questo cambiamento ha influenzato anche il metal detecting, accentuandone sempre di più la sua vera essenza: capire, preservare la storia e valorizzarla, anche attraverso la ricerca generica di piccoli oggetti erratici (metallici) che il tempo e i molti aggressivi chimici che utilizziamo, purtroppo, stanno disgregando e facendo sparire per sempre.  

A parte i tombaroli o chi utilizza il metal detector per scopi di lucro, la maggioranza dei detectoristi sta sempre più evidenziando anche un desiderio di partecipazione alla salvaguardia e alla valorizzazione dei beni ancora sepolti nel sottosuolo, un rispetto e un’attenzione verso la natura che prima non esisteva. I detectoristi di oggi, si aggregano per imparare, s’informano per non sbagliare e vogliono partecipare le proprie attività alle Istituzioni alle quali chiedono supporto e non “chiusura” o diniego.

Ma per fortuna, come accennavo, in alcuni paesi la cultura sta cambiando e il nostro hobby non è più visto negativamente ma anzi è considerato una potenziale ed in alcuni casi una reale opportunità.

Sono quelle nazioni che hanno aperto la propria mente e cultura alla cosiddetta Archeologia Pubblica, che non vede più questa disciplina chiusa tra le mura di un museo, di un’università o di un’unica élite, ma la apre al pubblico, a quell’interesse generale che un po’ tutti sentiamo per la storia trasformando un “desiderio” un’opportunità per se stessi (sotto forma di gratificazione per il proprio operato e spirito di collaborazione) ma soprattutto per il sociale, proprio perché questi beni appartengono a tutti.

Così nascono gruppi di archeologia amatoriale (con veri e propri volontari non professionisti), collaborazioni tra enti e privati, sinergie anche economiche, il tutto a beneficio di un pubblico servizio, un comune ritorno di qualcosa che deve essere un valore per tutti.

La nostra Costituzione recita:

  • articolo 4 (quattro): “…. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” ;
  • articolo 9 (nove): “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

una valorizzazione indispensabile a vantaggio del Paese, dove oggi, i cosiddetti citizen scientists o esperti (esperienziali), possono rappresentare una marcia in più.

È il frutto di un mutamento culturale, che vede al centro l’accrescimento di un’autocoscienza delle proprie possibilità di contribuire (anche nel piccolo) a qualcosa di più grande e complesso, ma importante indistintamente per tutti.

Non si tratta di prendere il posto di qualcuno o di rubare l’altrui impiego, ma di collaborare insieme per un bene comune e nel rispetto delle proprie professionalità, qualità culturali, conoscenze e capacità e/o potenzialità.

Oggi vediamo gente che spontaneamente (e con proprie risorse) pulisce le strade e le aiuole, aggiusta cartelli stradali o muretti pubblici, partecipa attivamente alla risoluzione di problematiche che, per quanto di competenza di specifici attori istituzionali e non, vede come proprie, del privato, del cittadino e di una società intera e coesa.

Certo non avviene da tutte le parti e nelle stesse modalità, ma è come la lotta antimafia, si inizia e gradualmente si costruisce, non al posto di uno Stato ma insieme e per uno Stato di cui ci si sente sempre più parte integrante. Ma le Istituzioni vedono tutto questo?

Come anzidetto, in alcuni paesi questo sta accadendo e parlando di metal detecting, con questo articolo, voglio esporvi alcuni risultati, proprio parlando di quanto in oggetto.

Ma che sono queste sigle?

Sono l’acronimo di alcune soluzioni adottate per “regolamentare” il ritrovamento di oggetti erratici e/o beni culturali da parte di detectoristi che chiameremo responsabili. Soluzioni attuate e volute soprattutto dalle Istituzioni che hanno intravisto nell’operato di alcuni appassionati, l’opportunità per il sociale (e non solo per il mondo dell’archeologia) della quale abbiamo accennato prima.

Tutte queste soluzioni/sistemi fanno parte del European Public Finds Recording Network (EPFRN), una network, recentemente istituita, per collaborare internazionalmente e condividere studi, database e risultanze (a vantaggio dei ricercatori ma soprattutto delle Istituzioni, come le Università e i Ministeri dei beni culturali).

Ma partiamo dal primo acronimo (oserei dire la soluzione originaria in termini temporali):

Il PAS: il Portable Antiquities Scheme (https://finds.org.uk/). Un sistema inglese gestito dal British Museum e dal National Museum Wales per la catalogazione e l’inserimento volontario di dati relativi a ritrovamenti effettuati attraverso l’impiego del metal detector ma anche visivamente (in superficie, come ad esempio la ricerca dei Mudlarks, i cercatori nei “fanghi” del fiume Tamigi). Supportato da una rete nazionale e distribuita sul territorio di Finds Liaison Officers (FLOs), archeologi a disposizione per il supporto volontario all’identificazione degli oggetti e all’intervento di emergenza in caso di ritrovamenti di rilevanza. Il sistema, supportato da un portale, è essenziale e si limita ad incoraggiare il riporto volontario dei ritrovamenti, corredati di specifici dati (foto, posizione, prima identificazione, materiale, etc…).

Il PAN: Portable Antiquities of the Netherlands (https://portable-antiquities.nl/pan/#/public), al pari dell’inglese questo è il sistema olandese, realizzato dall’Università di Amsterdam (Vrije Universiteit – VU), gestito dal Ministero dei beni culturali ed integrato, a supporto dei detectoristi, da una rete di PAN Finds Liaison Officers. In olanda la registrazione al portale e il riporto è volontario e i ritrovamenti appartengono, anche qui, allo scopritore e al proprietario del terreno e non allo Stato che se vuole acquisirli li deve comprare.

Il sistema, come il PAS, è un database dei ritrovamenti.

Il MEDEA: Metal-Detected Artefacts (https://www.vondsten.be/) è il sistema belga adottato e gestito dal  Dipartimento di Storia, Archeologia, Arte, Filosofia ed Etica di Bruselles. Si accompagna ad un recente decreto che definisce una chiara regolamentazione sul metal detecting che prevede l’obbligo di un patentino senza il quale l’attività è considerata illegale. Il riporto dei ritrovamenti sul MEDEA è obbligatorio.

 Il DIME: il Digital Metaldetekorfunde (https://www.metaldetektorfund.dk/), è il sistema e portale Danese ideato e gestito dall’ Università di Aarhus con il supporto di alcuni musei. Si differenzia dagli altri sistemi per un’applicazione mobile installabile sul proprio smartphone, attraverso la quale il detectorista può inserire i propri ritrovamenti direttamente durante la ricerca. L’APP (DIME Mobile) è molto completa ed oltre ad essere correlata al database, fornisce ulteriore supporto con mappe ed informazioni. Il riporto dei ritrovamenti e l’uso dell’applicazione sono obbligatori. In Danimarca l’impiego del metal detector è legale e tutto ciò che è ritenuto tesoro (danefæ) è proprietà dello Stato.

Il SuALT/Find Sampo: creato sotto il Finnish Archaeological Finds Recording Linked Open Database (SuALT) con la correlata piattaforma Find Sampo (web ed APP) sono ancora in fase di sviluppo ma rappresentano la soluzione finlandese che non si discosta dal DIME danese.

Per completezza, si riporta che anche la Bulgaria, per iniziativa della Federazione Nazionale di Metal Detecting, sta implementando una propria piattaforma (https://items.metaldetecting.bg/) ma che al momento fa parte di un progetto finalizzato ad individuare la partecipazione delle Istituzioni e una soluzione di “accettazione” del metal detecting, la cui “regolamentazione” è simile a quella italiana.

Piattaforme digitali in un’era sempre più digitale! L’innovazione a vantaggio della società, delle Istituzioni e dei detectoristi. Un adeguamento non solo tecnologico ma anche culturale che accoglie la partecipazione del cittadino alle attività professionali, di studio e ricerca delle Università e del mondo dell’archeologia e che, in qualche modo, mira anche ad un’azione di tutela dei beni culturali puntando sulla responsabilizzazione dei singoli individui.

Personalmente credo sia un’evoluzione da seguire attentamente, che può creare anche sinergie importanti, anche a livello internazionale.

Chissà se l’EPFRN potrà sbarcare anche da noi ?

TRANSLATE