Detenzione Munizionamento ritrovato – Come comportarsi
Cari amici della Federazione Italiana Metal Detecting,
Spesso ci è capitato di ricevere delle domande su come ci si deve comportare quando ritroviamo gusci di bombe, cartucce da guerra, involucri di bombe a mano, gusci di mine e cartucce innescate. Ed effettivamente per chi pratica il Metal Detecting non è raro trovare oggetti del genere durante le spazzolate ed essere pervasi da alcuni dubbi e chiedersi se questi oggetti possano essere detenuti liberamente senza incorrere in beghe burocratiche che tanto preoccupano chi pratica Metal Detecting “Responsabile”.
Le risposte sono tantissime sui vari forum e sui vari blog. C’è chi afferma che non sono detenibili, altri raccontano di problemi legali e denunce o sequestri avvenuti da parte delle autorità per la detenzione di questi oggetti. Naturalmente volendo dare una risposta corretta agli amici che ci seguono e a chi legge il nostro blog come riferimento alla nostra pratica, abbiamo cercato in ogni modo di documentarci facendo il possibile per trovare una risposta corretta e autorevole al riguardo.
Ci siamo imbattuti durante le ricerche per la redazione di questo articolo nel blog di un Magistrato del tribunale di Bolzano in pensione ma che continua ancora oggi ad essere punto di riferimento per il Diritto delle Armi, Edoardo Mori. Abbiamo trovato così utili le sue ricerche che abbiamo deciso di contattarlo per chiedergli se potevamo usare alcuni stralci del suo blog per la redazione del presente e con nostra sorpresa e con grande onore ci ha risposto quasi immediatamente consentendoci la pubblicazione di alcune sue ricerche in merito.
Ecco quindi il Dottor Mori cosa risponde riguardo questa interessante questione, alla fine dell’articolo la fonte e un link alla biografia di questa straordinaria persona, vi auguro una buona lettura:
“Il problema della detenzione di involucri di granate, bombe, mine o di bossoli è di difficile soluzione; non tanto perché la legge sia oscura, ma perché la Cassazione ha sempre adottato il principio semplicistico, ma comodo, per cui tutto è vietato, senza eccezioni. Quando si legge in una massima che una cartuccia da guerra (vale a dire un 9 para o un 7,62 Nato) rimane da guerra anche se del tutto inefficiente, come ad esempio se schiacciata a martellate, è facile essere colti da sconforto. Non è facile dare indicazioni giuridiche quando si deve mettere in preventivo il fatto che nella maggior parte dei casi il giudice sarà incline ad adottare la soluzione più restrittiva e i periti a fornirgli informazioni fuorvianti. Non è davvero raro il caso che il perito sia così esperto da non saper distinguere tra una bomba da esercitazione ed una bomba carica.
Il problema per i giuristi nasce dal fatto che la legge vieta la detenzione di parti di armi da guerra “atte all’impiego” e (art. 1 L. 110/1975) di componenti di proiettili destinati al caricamento di armi da guerra. Siccome per anni gli appuntati che avevano sequestrato un vecchio bossolo d’artiglieria usato come portaombrelli hanno continuato a ripetere ai giudici che senza dubbio con quel bossolo ci si poteva caricare un cannone, i giudici si sono formata l’opinione che questo sia un principio sacrosanto e che ogni pezzo di ferro che ha fatto parte di una carica o di un ordigno, è ancora “atto al caricamento”.
In realtà la parte essenziale di una bomba a mano o di una mina, quella avente una sua individualità meccanica che consente di individuarla come parte di ordigno, non è l’involucro, ma il sistema innescante (talvolta detto spoletta); ed è questa che deve essere tolta oppure accuratamente disattivata mediante blocco irreversibile delle parti meccaniche oppure eliminazione di ogni componente di accensione od esplosivo o incendiante (cosiddetta catena incendiva).
Va da sé che la carica esplosiva di una mina o di un ordigno non può certamente essere detenuta al di fuori dei depositi autorizzati e deve essere assente.
Una volta che la carica esplosiva è stata rimossa e che il sistema innescante è stata rimossa o disattivata, l’involucro non è altro che una scatola priva di un significato individualizzante; ad esempio un involucro di bomba a mano tipo ananas (un uovo di ghisa segmentato), può essere appartenuto ad una bomba a mano, ma può essere stato liberamente prodotto per farne soprammobili o accendisigari. Visto che non è vietato questo tipo di produzione, che non è vietato produrre involucri imitanti quelli delle bombe a mano di questo tipo, come può diventare parte di arma da guerra l’involucro solo perché una volta conteneva una spoletta? Si consideri inoltre che chi ha spoletta ed esplosivo non ha affatto bisogno di avere i contenitori tipici: ottiene lo stesso effetto di una granata usando una caffettiera e quello di una mina a pressione usando una qualsiasi cassetta o pignatta.
È poi di tutta evidenza che una vecchia granata, privata di spoletta efficiente e di esplosivo, non può di certo essere usata da un privato per caricarvi un cannone, non foss’altro per il fatto che i vecchi cannoni efficienti non sono di certo piazzati agli angoli delle strade, che se è facile trovare involucri usati, non si trovano davvero gli esplosivi secondari e primari per caricare proietto e spoletta, che un involucro deformato dall’impatto o un bossolo deformato dai gas di sparo, non possono davvero essere riusati come se niente fosse. E se uno ha l’attrezzatura idonea a ripristinarli e le conoscenze tecniche richieste per fare, è anche in grado di costruirsi certe parti ex novo.
Correttamente la circolare n.559/C-50,133-E-99 del 22 marzo 1999 (al riguardo il dott. Mori mi segnala giustamente che con le modifiche fatte e le nuove leggi e regolamentazioni come il Decreto del Ministero della Difesa dell’11 Aprile 2012; 2 Novembre 2016 e della direttiva UE del 22 marzo 2012, queste informazioni restano valide ed attuali – ndr.), il Ministero dell’Interno ha affrontato il problema dei bossoli usati di munizioni considerate da guerra ed ha espresso il parere, del tutto condivisibile, secondo cui essi non possono essere considerati come destinabili nuovamente al caricamento di munizioni da guerra. Conclusione del tutto ovvia ove si consideri che nella storia italiana non si ma memoria che una cosa del genere sia mai avvenuta, il che dimostra abbondantemente l’impossibilità dell’operazione. Il ragionamento ora fatto non è in contrasto con il fatto che bossoli di armi leggere vengono comunemente ricaricati; essi infatti non sono bossoli di munizioni da guerra, ma di munizioni tipo guerra e quindi bossoli per armi comuni, considerati da guerra solo per finzione giuridica, liberamente detenibili, siano essi nuovi od usati). Essi sono perciò, materialmente e giuridicamente, cosa diversa dalle parti di munizioni per arma da guerra.
Fatta questa premessa, tutti comprendono che chiunque detiene un pezzo di ferro a forma di proiettile è esposto al rischio che uno di quei tanti periti che si credono esperti perché hanno fatto il servizio militare ed hanno sparato un caricatore di pistola, vada a giurare di fronte al giudice che con quel pezzo di ferro ci si poteva fare una bomba o sparare la Grande Berta, senza affatto accorgersi che la stessa rarità del pezzo rende fantastica una simile ipotesi. È indubbio che con una palla di pietra ci si può caricare un cannone di cuoio del 1300, ma è cosa da mettere piuttosto nel libro dei primati che in una massima della Cassazione!
Perciò non vi è altra soluzione che quella di cautelarsi al massimo in modo da poter dimostrare che il pezzo di ferro mai e poi mai potrebbe essere riutilizzato, salvo che come paracarro o fermaporte.
Ciò che si deve fare, deve essere stabilito caso per caso. Il problema della disattivazione è ovviamente diverso per reperti moderni, usabili in armi di attuale dotazione militare, o per vecchi reperti destinati ad essere impiegati in armi obsolete e rinvenibili solo in musei oppure rovinati dal tempo. Essenziale è che la non riutilizzabilità sia dimostrabile in modo convincente anche a chi proprio non è esperto del ramo.
È poi chiaro che il problema è diverso a seconda che l’oggetto sia custodito in un museo pubblico il quale non ha difficoltà a documentare e certificare il procedimento di disattivazione, il quale ha l’oggetto inventariato, il quale gode di una presunzione di correttezza, da quello in cui l’oggetto venga rinvenuto nella cantina di un privato.
Le soluzione quindi sono tante: da quelle più rozze e distruttive come lo staccare un settore dell’oggetto e poi di rimetterlo in sede fissato in qualche modo, ma non saldato, oppure, quando ciò è possibile, il riempire l’oggetto con materiale inerte e difficilmente estraibile, ad altre più sofisticate e che più esperti di me potranno escogitare caso per caso.
Se si vuole conservare la spoletta o sistema innescante, è necessario che essa sia disattivata in modo irreversibile. Se si blocca ogni possibilità di movimento del meccanismo, potranno essere conservati gli spazi destinati a contenere le sostanze esplodenti; se si elimina la possibilità di inserire questi materiali, potrà essere lasciato funzionante il meccanismo.
Per la detenzione di munizioni, una prassi abbastanza consolidata ritiene sufficiente alla loro disattivazione un foro praticato sul loro fianco e l’estrazione della polvere. L’innesco dovrà ovviamente essere già percosso o privato della sostanza innescante o forato anch’esso.
Per bossoli di artiglieria della prima guerra mondiale, la stessa vetustà dovrebbe essere sufficiente a far comprendere l’assoluta impossibilità di un riutilizzo.
Logica vuole che si possano considerare come inutilizzabili per natura, i vecchi cimeli, sepolti da quasi un secolo, ormai rovinati dal tempo ed obsoleti.
Ma è meglio non fare troppo affidamento sulla logica, almeno in questa materia.
Per quanto concerne le modalità di detenzione di cimeli, il problema è stato risolto dalla legge 7 marzo 2001, n. 78 (Tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale) in cui si è stabilito che sono soggette a tutela e controllo, secondo il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.490, solo i reperti della Grande guerra di notevole valore storico o documentario. In base alle disposizioni dell’art. 9 emerge chiaro che non possono certo essere considerati di rilevante valore storico i rottami di armi o bombe che i raccoglitori trovano sui monti teatro della Grande Guerra.
Comunque chi ha una collezione ufficiale di questi reperti o cimeli o abbia un museo privato, deve darne comunicazione al Sindaco entro 61 giorni dalla pubblicazione della legge. Ritengo che la norma vada interpretata nel senso che anche in caso di collezione privata la comunicazione vada fatta solo se i cimeli sono di notevole valore storico o documentario. Ma sono sicuro che sul punto vi sarà contrasto di opinioni. La norma, forse per un difetto di formulazione, non riguarda gli archivi fotografici o documentali. È però consigliabile che chi ne possiede di veramente (e sottolineo veramente) importanti, li segnali, sia per consentire la catalogazione informatica del materiale, sia per poter poi godere di contributi per la catalogazione e manutenzione.
Ad ogni modo non vi è sanzione per l’omessa comunicazione e questa, in caso di bisogno, potrà essere fatta anche successivamente.
– Quanto detto non riguarda militaria diverse da armi e bombe; attualmente non occore licenza per detenere oggetti militari che non rientrino fra il materiale di armamento.
– bombe e munizioni cariche dovrebbero essere lasciate sul posto e segnalate all’autorità di Ps che poi le distrugge. Se poi chi le trova le apre per controllare che siano effettivamente cariche e sopravvive … si ricade in quanto detto sopra! Ma se lo trovano mentre se le porta a casa e un perito dice che c’era ancora un grammo di esplosivo efficiente, lo arrestano.
– armi e parti di armi efficienti ( canna, ad es.) devono essere segnalate anch’esse alla PS; vale quanto detto la punto precedente.”
Per me è stato un piacere poter studiare questo argomento interessante ed è stato molto istruttivo leggere le parole del Dott. Mori al riguardo, spero lo sia stato anche per voi.
A questo >LINK< il sito internet del Dott. Mori che ci è stato di fonte oltre la sua mail. Su questo >LINK< invece una breve biografia della sua vita.
Francesco Manzella – Federazione Italiana Metal Detecting