Sabato 13 marzo 2021 si è tenuto il primo Workshop nazionale sul Metal Detecting organizzato dalla FIMD dal temerario titolo “Situazioni – Criticità – Soluzioni”.

A causa delle condizioni dettate dall’emergenza del COVID-19, come oramai in molte occasioni, l’evento si è svolto attraverso una piattaforma virtuale cha ha accolto illustri relatori e partecipanti dalle 14.30 alle 18.00.

Ampio il consenso ricevuto dall’importante numero di partecipanti ed estremamente positivi i feedback ricevuti al termine dell’evento, soprattutto per quanto riguarda l’autorevolezza con la quale sono stati affrontati gli argomenti trattati.

Il consesso ha visto la partecipazione dell’Avvocato Massimo Pasquinelli (https://www.archeoavvocato.it/) , esperto in Diritto dei Beni Culturali, della Dott.ssa Archeologa Durdica Bacciu, del Dott. Maurizio De Angelis quale Presidente dell’Associazione Gruppo Ricerche Storiche – GRS (http://www.grupporicerchestoriche.it/) e del nostro Edoardo Meacci nella veste di Presidente dello European Council for Metal Detecting –   ECMD (https://ecmdheritage.eu/).

La FIMD ha voluto lanciare questa prima assoluta poiché ad oggi non era mai stata creata una vera e propria opportunità di confronto tra il mondo del Metal Detecting ed i professionisti del settore giuridico ed archeologico. L’ “interesse per il passato” e per tutti gli oggetti che lo rappresentano accomunano ineluttabilmente sia la categoria dei Detectoristi che quella degli Archeologi seppur con importanti critiche mosse spesso da questi ultimi (soprattutto quelli appartenenti alla vecchia generazione) che vedono i Detectoristi come una categoria priva di formazione e di competenze specifiche (circa le modalità di scavo e la repertazione, per esempio) e dedita esclusivamente alla sottrazione di beni dello Stato che vengono poi destinati alla compravendita illegale.

Chi pratica questo hobby in maniera “Responsabile” (che è poi il motivo conduttore della nostra Federazione) sa invece quanto importante sia rispettare non solo un codice “etico” di comportamento (è il caso del cosiddetto “Codice di Boston”) ma anche e soprattutto tutte le leggi che solo trasversalmente lo riguardano: leggi che non tirano mai in ballo direttamente il metal detecting in quanto tale, ma che di fatto lo vincolano al rispetto di luoghi e tipologie di ritrovamenti secondo quanto previsto da svariati articoli del Codice Civile e Penale, ma soprattutto dal D.L. n. 42 del 22 gennaio 2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio “.

Sappiamo bene come anche nell’immaginario collettivo l’uso del metal detector sia spesso associato, in un’accezione negativa, alla parola “tombarolo” o “cacciatore di tesori”. Ce lo ha dimostrato la Dott.ssa Archeologa Durdica Bacciu quando, con un rapido excursus tra esempi di cartoni animati, pubblicità ed addirittura servizi televisivi (che presentano la ricerca con il metal detector come un’attività rivolta alla “razia” di tesori nascosti) ci ha sottolineato quanto arduo sarà il percorso di accettazione del nostro hobby da parte delle Istituzioni italiane. Arduo poiché in un paese come l’Italia – così ricco di testimonianze e reperti storici – se da un lato si inizia a riconosce, da parte degli addetti ai lavori ed in particolare delle nuove generazioni di Archeologi, l’utilità che il metal detecting potrebbe dimostrare a supporto della ricerca storica ed archeologica (ad esempio attraverso prospezioni non invasive di superficie prima di uno scavo), dall’altro la carenza di norme chiare e di uno spirito di collaborazione tra privati ed Istituzioni (quale elemento peculiare della Public Archaeology) continuerà a tradursi in una forsennata “caccia alle streghe” che non vuole distinguere una pratica amatoriale da attività manifestatamente ed inequivocabilmente illecite operate da criminali o organizzazioni malavitose.

Si, si è accennato all’Archeologia Pubblica, non solo come partecipazione attiva dei cittadini allo studio, alla tutela e alla promozione del Patrimonio Culturale (come enunciato nella “Convenzione di Faro” che riconosce l’apporto indispensabile e decisivo dei privati a titolo personale o associativo), ma anche nella veste di una libera conoscenza, della circolazione, del collezionismo (opportunamente regolamentati), della condivisione e della valorizzazione di tutto ciò che riguarda il patrimonio di un paese. Ce ne ha parlato l’Avvocato Massimo Pasquinelli, esperto in Diritto dei Beni Culturali, che ha evidenziato come le leggi in materia, oltre ad essere estremamente restrittive, richiedano addirittura l’onere della prova a carico dell’accusato. Le leggi italiane, che non prevedono norme ad hoc sull’utilizzo del Metal Detector (ad eccezione di qualche ordinanza regionale/locale – vedasi la regione Sardegna, la provincia autonoma di Bolzano, la regione Valle d’Aosta… – nascono, in realtà e come anzidetto, dalla necessità di tutelare il patrimonio storico presente nel sottosuolo dall’azione criminosa di soggetti senza scrupoli dediti al lucro e non con l’obiettivo di regolamentare il settore della ricerca amatoriale.

Quali sono, allora, le possibili soluzioni affinché il Metal Detecting venga finalmente legittimato quale hobby inoffensivo o pratica collaborativa e/o a supporto di attività istituzionali? È stata interessante in tal senso la testimonianza riportata in apertura del Workshop dal Dott. Maurizio De Angelis quale Presidente dell’“Associazione Gruppo Ricerche Storiche” di Roma che opera ormai dal 2008 realizzando progetti e collaborazioni con Musei, Comuni, Soprintendenze ed Associazioni pubbliche e private. Una delle esperienze probabilmente più significative per loro, ha riguardato la collaborazione con la sovrintendenza di Bolzano che gli ha consentito di svolgere delle ricerche su uno scavo in corso con conseguente mappatura degli oggetti rinvenuti.

Accordi, collaborazioni, presentazioni di progetti agli enti locali sembrerebbero quindi rappresentare una possibile via da perseguire per il riconoscimento formale del nostro hobby.

Ed a tal proposito, l’Avvocato Pasquinelli ha suggerito di sfruttare la legislazione vigente che consente di andare in ausilio a quelle che sono le attività di ricerca dei beni culturali (vedasi gli articoli 28 e 29 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” inerenti, rispettivamente all’archeologia preventiva e alla concessione di licenze per la ricerca a privati), di riunire tutti i gruppi che si occupano di Metal Detecting (trovando un comune denominatore, stilando statuti trasparenti e dalle chiare finalità) e di intavolare un dialogo con le istituzioni locali formalizzando per iscritto progetti ed accordi.

Anche il confronto con quello che è lo scenario Europeo in materia di Metal Detecting ci aiuta ad ampliare la nostra visuale fornendoci utili spunti di riflessione. Ce ne ha parlato il nostro Edoardo Meacci nella sua veste di presidente dell’European Council for Metal Detecting (ECMD)che conta al suo interno 12 nazioni con entità rappresentative identificabili in Gruppi, Associazioni o Federazioni di detectoristi e che attraverso il rispetto delle norme contenute nel suo statuto si pone l’obiettivo di dialogare, condividere opinioni e problematiche ed individuare, ove possibile, soluzioni ed indirizzi da sostenere e perseguire a livello europeo.

Tornando alla nostra realtà nazionale, la strada sarà sicuramente lunga ed irta di difficoltà ma la FIMD, attraverso i suoi rappresentanti, i suoi soci ed i suoi sostenitori, non si ferma e continuerà a promuovere consessi e workshop sul tema, al fine di favorire il dialogo, la condivisione e la collaborazione tra le varie figure ed enti che a vario titolo lo desiderano, in un’ottica di sinergia e coerenza.

Nel frattempo ringraziamo tutti i professionisti che sono intervenuti in questo primo workshop, ma soprattutto tutti coloro che ci hanno spronati e supportati in questo primo “esperimento”.

Vi ricordiamo che potete continuare a seguirci e ad approfondire gli argomenti trattati nel Workshop ed in questo articolo consultando il nostro sito ufficiale FIMD (https://www.fimd.it/), il sito dedicato alla formazione (https://www.fimdeducational.it/) e le pagine FACEBOOK della Federazione.

La registrazione dell’evento è disponibile (in 2 parti) sul nostro canale You Tube: https://www.youtube.com/channel/UCm8NcnokBin3A0n1bd-c0og

A presto per nuovi progetti condivisi!

P.S.: le modalità di svolgimento del workshop non hanno consentito di rispondere alle molteplici domande posteci attraverso la chat e per tale ragione ne riportiamo di seguito alcune, con relativa postuma risposta, certi di far cosa gradita.

  1. D: La detenzione dei beni culturali è considerato un possesso presuntivamente illecito perché si ritiene che facciano parte del Patrimonio indisponibile dello Stato rovesciando l’onere della prova in capo al privato, comprimendo il diritto alla difesa. In più con l’introduzione del mercato unico Europeo e con la libera circolazione delle persone insieme con la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali si è posto anche il problema della circolazione dei beni culturali all’interno degli Stati membri, faccio riferimento agli Stati membri con normative più elastiche della nostra. Cosa accade se importo un bene culturale da uno Stato membro dove la detenzione di un bene culturale non costituisce reato? come lo dimostro?  In più la pratica del metal detecting può essere effettuata all’interno dell’UE? cosa accade se trovo un bene culturale lì dove è permessa la detenzione senza nessuna certificazione perché una volta rientrato in Italia dovrei restituirlo allo Stato Italiano? O meglio si presume che sia di sua possesso rendendo l’esercizio del diritto alla difesa più difficoltoso?

R: Partiamo dal presupposto che ogni nazione è sovrana nei confronti dei beni culturali che si trovano sul proprio territorio, qualsiasi sia la loro origine e proprietà. Pertanto è cosa buona e giusta, prima di importare qualsiasi oggetto dall’estero, informarsi sulle leggi in vigore in quello stato. L’ingresso nel territorio nazionale italiano di beni di interesse storico o archeologico provenienti da uno Stato membro dell’Unione Europea o da un Paese terzo, è disciplinato Art. 72 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che prevede la certificazione dei suddetti beni, a domanda, dall’ufficio di esportazione. Tali certificati di avvenuta importazione e spedizione, sono “rilasciati sulla base di documentazione idonea ad identificare la cosa o il bene e a comprovarne la provenienza dal territorio dello Stato membro o del Paese terzo dai quali la cosa o il bene medesimi sono stati, rispettivamente, spediti o importati”. Si la pratica del metal detecting si può praticare in altri Stati dell’UE, ma ognuna ha una propria regolamentazione e in tal senso è opportuno, prima di praticarlo, informarsi adeguatamente.

  • D. Molte persone, compreso me, non riescono sempre a risalire al proprietario del terreno, quindi il fatto che uno vada a denunciare un oggetto su un terreno di cui nemmeno conosce il proprietario che conseguenze comporta?

R. Il problema è a monte e la legge non ammette ignoranza: introdursi in un terreno o in un edificio senza specifica autorizzazione può configurare il reato di “Violazione di domicilio” (Art. 614 C.P.) di “Ingresso abusivo nel fondo altrui” (Art. 637 C.P.) o di “Invasione di terreni o edifici” (Art. 633 C.P.). Pertanto, la domanda formulata dal nostro gentile ascoltatore può avere una sola risposta: è sempre necessario avere il consenso del proprietario, altrimenti l’attività non si può praticare.

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